Le maggiori organizzazioni mondiali riconoscono che le neoplasie maligne della cervice uterina hanno origine virale. I virus implicati nella carcinogenesi cervicale sono i papillomavirus. La loro presenza nei carcinomi del collo dell'utero è pari al 99,7% (Walbbomers et al 1999). In considerazione che il DNA virale è praticamente presente in tutti i carcinomi del collo dell'utero, risulta evidente che la rivelazione della infezione da Papillomavirus, in fase precoce, ha un valore prognostico e predittivo.
Da questo razionale nasce l'importanza di riconoscere la presenza del DNA virale nel basso tratto genitale sia femminile che maschile ( anche per l'uomo valgono le stesse regole). La conoscenza della presenza del DNA virale non deve però essere fonte di apprensione, ma deve considerarsi uno strumento diagnostico utile per la prevenzione in quanto , in base alle attuali conoscenze, il cancro cervicale è una patologia assolutamente prevedibile e prevenibile se si identificano i suoi fattori di rischio e precursori e si trattano in tempo.
Il pap test convenzionale ha notevolmente ridotto la mortalità del cancro cervicale, ma questa metodica risente dei limiti legati alla percentuale di inadeguatezza in quanto responsabile di una significativa percentuale di falsi negativi ineliminabili e che , negli screening con le metodiche tradizionali, può raggiungere il 10%( ESADIE anno 7 n.19 sett.2004 pag 44 ). Le carenze metodologiche dell'esame citologico possono generare falsi negativi percentualmente maggiori nelle forme preinvasive,dove il ruolo preventivo è importantissimo, rispetto alle forma invasive. Il test dell'HPV è invece risultato molto più sensibile, sia per le lesioni citologiche di basso che di alto grado con una percentuale di falsi negativi di gran lunga più inferiori rispetto alla citologia.
La diffusione nella popolazione delle infezioni da HPV è fortemente legata all'età. Si è accertato che questa infezione è largamente diffusa nelle fasce di età più giovani, dove la malattia ha fortunatamente un carattere transitorio. La percentuale di infezione da HPV ad alto rischio ha i suoi picchi (20-25%) fra i 20 ed i 24 anni, mentre nelle donne di età superiore si riscontra solo nel 4-5% dei casi. Questo significa che gran parte della popolazione supera naturalmente la infezione senza conseguenze. E' ormai assodato che solo la infezione persistente porta alla integrazione del codice genetico virale con il codice genetico della cellula infetta. Questo avvenimento ha come conseguenza una alterazione nella crescita cellulare che determina la nascita di cloni cellulari anomali che persistendo accumulano anomalie sempre più importanti tanto da generare cellule tumorali. Queste conoscenze biologiche e statistiche ci permettono di capire come una infezione da HPV ad alto rischio ha un significato prognostico peggiore se presente in donne di età superiore ai 30 anni rispetto alle fascie di età inferiori; si è, infatti, visto che la presenza del virus pertanto decresce con l'età, ma la sua persistenza determina un fattore di rischio elevatissimo per coloro in cui l'infezione permane. Le donne con infezione persistente da HPV ad alto rischio presentano un rischio oltre 300 volte superiore di sviluppare un CIN (neoplasia intraepiteliale cervicale) rispetto a donne che risultano negative. Da queste osservazioni nasce la proposta di eseguire il test dell'HPV negli screening insieme al pap test nelle donne oltre i 30 anni. Questo screening combinato ridurrebbe in modo significativo la mortalità del cancro del collo dell'utero.
Oltre alla indicazione suddetta il test dell' HPV- DNA potrebbe avere un razionale nel derimere i dubbi in caso di citologia o istologia di basso grado e dubbia, ai fini di poter instaurare un adeguato programma terapeutico o di follow-up. Il test è anche utilizzato nell'accertare la persistenza o meno della infezione dopo i trattamenti per CIN ( es conizzazione o Leep) o nei casi in cui la colposcopia non evidenzia lesioni giustificative per anomalie al pap test.
Bisogna, infine, sottolineare che l'utilizzo della ricerca dell'HPV-DNA deve essere razionale e non indiscriminato. Per esempio, in base alle attuali conoscenze risulta del tutto inutile, anzi controindicato, eseguire l'HPV-DNA nelle giovanissime donne, ed adolescenti poiché è noto che , in base quanto sopra esposto, non sene avrebbe alcun giovamento, anzi si avrebbe un impatto negativo sulla serenità delle piccole pazienti e soprattutto dei genitori.
ALCUNE INDICAZIONI AL TEST HPV-DNA |
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SCREENING PRIMARIO IN DONNE OLTRE I 30 ANNI |
SCREENING SECONDARIO ( TUTTE LE FASCIE DI ETA' ) IN CASO DI CITOLOGIA DI BASSO GRADO |
FOLLOW-UP DOPO TRATTAMENTO PER CIN |
COLPOSCOPIA NEGATIVA CON CITOLOGIA ANOMALA |
Le metodiche di laboratorio atte a rivelare la presenza del DNA virale nelle cellule vaginali sono diverse e vengono riportate nelle tabella seguente:
METODICHE RICERCA HPV-DNA |
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SOUTHERN BLOT |
IBRIDIZZAZIONE IN SITU |
IBRIDIZZAZIONE IN SOLUZIONE |
PCR ( Polimerase Chain Reaction o Amplificazione genica) |
La ricerca può essere effettuata sia sul prelievo istologico che sul prelievo citologico ed inoltre le metodiche che utilizzano la PCR permettono di effettuare la ricerca su pap test convenzionali già colorati ( pap test in archivio ) che su preparati istologici già paraffinati che colorati.
LINEE GUIDA UTILIZZO TEST HPV-DNA
Linee guida dell’ESIDOG (European Society for Infectious Disease in Obstetrics and Gynaecology) |
“L’impiego clinico del test dell’HPV è stato valutato
finora per le
seguenti indicazioni:
1.
2.
3.
4.
|
nelle donne dai 30 anni in poi come screening primario del cancro del collo dell’utero in aggiunta all’esame citologico |
in pazienti con referti citologici indefiniti |
in pazienti con stadi precancerosi lievi e moderati per prevederne la regressione, la persistenza o la progressione |
in pazienti che sono state sottoposte a trattamento per CIN (displasia) e carcinomi della cervice uterina |
|
Carta internazionale di EUROGIN (European Research Organization on Genital Infection and Neoplasia |
“L’età ideale per iniziare lo
screening con l’esame citologico associato al test dell’HPV
sono i 30 anni.
|
Sottoporre
a Pap test le donne di età
> 30 anni
per gli HPV ad alto rischio è un metodo più efficace come
screening primario rispetto all’esame citologico della
cervice uterina
attualmente praticato.
|
Le donne
positive all’HPV, ma con referto citologico normale, non
devono essere sottoposte immediatamente a colposcopia salvo
in presenza di altre valide indicazioni cliniche.
La
risposta clinica più adatta consiste nel ritestarle dopo 1 anno
per verificare la persistenza dell’HPV.
|
•Le donne con strisci normali HPV positivi dovrebbero essere
risottoposte a
screening per rilevare la presenza di anormalità citologiche come
misura di controllo qualitativa”.
|
Raccomandazioni dell’ACOG (American College of Ostetricians and Gynaecologist) |
•“L’impiego
combinato di un test citologico della cervice
uterina e di un test approvato dall’FDA per i tipi di
HPV ad alto rischio: in questo caso le donne vengono
sottoposte sia ad un esame citologico della cervice
uterina sia ad un test genetico che ricerca la presenza
di certi tipi di HPV ad alto rischio, noti come causa
del cancro (test del DNA dell’HPV)”.1
|
•“L’impiego
combinato di un esame citologico della
cervice uterina e dello screening del DNA dell’HPV è
adatto per le donne dai 30 anni in poi..”
2
|
Linee guida dell’ACS (American Cancer Society) |
“Il test del DNA dell'HPV presenta una maggior
sensibilità rispetto all'esame citologico nel rilevare
lesioni clinicamente rilevanti” e “l'elevato valore
predittivo negativo derivante dallo screening
concomitante con esame citologico e test del DNA
dell'HPV DNA
potrebbe consentire di allungare in sicurezza gli
intervalli di screening, riducendo in questo modo i
costi”.
|
•Le
raccomandazioni dell’ACS per il test del DNA dell’HPV
erano basate solo su studi condotti utilizzando il test
del DNA dell’HPV hc2 di Digene.
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Saslow, D. et al. CANCER. 52(6) 342-362.
|
ASCCP ( American Society for Colposcopy and Cervical Pathology ) |
ll test del DNA dell'HPV è una opzione in caso di citologia con ASCUS insieme alla colposcopia e la ripetizione del pap test dopo 4-6 mesi. |
ll test del DNA dell'HPV è una opzione in caso di citologia con ASCUS in donne in postmenopausa insieme alla colposcopia ed alla ripetizione del pap test dopo estrogenoterapia. |
Anche se l'83% delle L-SIL è positiva per il DNA-HPV ad alto rischio, il test del DNA dell'HPV è una opzione accettabile a 12 mesi dal primo pap test nelle donne in postmenopausa e nelle adolescenti. Per il resto delle donne la colposcopia è il primo esame consigliato. Nella pratica clinica La L-SIL e l'ASCUS con HPV-DNA ad alto rischio sono equivalenti. |
In considerazione che il 98,9% delle H-SIL è positivo per HPV-DNA ad alto rischio, ll test del DNA dell'HPV risulta inutile. |
Nel caso di citologia AGC l'utilità del test del DNA dell'HPV risulta ancora poco chiara. |
Tutti i casi con test positivo per HPV-DNA ad alto rischio vanno sottoposti a colposcopia |
MANAGEMENT DOPO CITOLOGIA ED HPV TEST | |
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Citologia negativa ed HPV negativo |
Screening di routine |
Citologia negativa ed HPV positivo |
Ripeti entrambi i tests a 6-12 mesi |
Citologia ASCUS ed HPV negativo |
Ripeti citologia a 12 mesi |
Citologia ASCUS cd HPV positivo |
COLPOSCOPIA |
Citologia > ASCUS ed HPV pos. o neg. |
COLPOSCOPIA |
Citologia negativa ed HPV positivo
|
Ripeti entrambi i tests a 6-12 mesi
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Entrambi tests negativi
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Screening di routine |
Citologia ASCUS ed HPV negativo
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Rescreening con citologia ed HPV test
a 12 mesi
|
||
Citologia > ASCUS ed HPV negativo
|
COLPOSCOPIA | ||
Qualsiasi citologia ed HPV positivo | COLPOSCOPIA | ||
Tratto da Wright: HPV testing adjunct to citology (Obstet. Gynecol. 2004) mod. |
Il Papillomavirus umano è un virus molto comune, tanto che, secondo una stima, il 75% (Kousty et all) degli individui viene infettato nel corso della vita. Si trasmette soprattutto attraverso i rapporti sessuali, ma per contrarre l’infezione può bastare un semplice contatto nell’area genitale. I virus che infettano il collo dell’utero possono produrre differenti tipi di alterazioni: alcuni sono responsabili di lesioni benigne (ad esempio i condilomi), altri producono, invece, lesioni in grado di evolvere in cancro.Circa il 70% di tutte le lesioni pretumorali sono attribuibili a due tipi di papillomavirus (il 16 e il 18), mentre quasi il 90% dei condilomi è causato dai tipi 6 e 11.
Le infezioni causate da questi virus, se persistono nel tempo e non scompaiono spontaneamente, possono provocare modificazioni cellulari che danno origine a lesioni chiamate displasie o indicate con le sigle CIN (neoplasia intraepiteliale cervicale) e SIL (lesione squamosa intraepiteliale). Tali lesioni generalmente regrediscono spontaneamente (oltre l'80%), ma in casi più rari possono trasformarsi (nell'arco di 7-15 anni) in un vero e proprio carcinoma. Questo processo quindi richiede tempi lunghi. Ecco perché un'efficace campagna di screening ( pap test ) può fare molto per prevenire i tumori della cervice uterina.
Il vaccino per l'HPV ( Human papillomavirus ) dovrebbe rappresentare un'importantissima tappa nella lotta contro questa malattia infettiva implicata nella carcinogenesi genitale e di altri distretti. Negli Stati Uniti d'America le sperimentazioni legate a questo farmaco sono terminate e la FDA ( Food and drugs administration ) americana , nel giugno del 2006 ha approvato la commercializzazione.
Oggi sono disponibili due vaccini (Gardasil® quadrivalente per i ceppi 6/11/16/18 e Cervarix® per i ceppi 16/18) per la prevenzione primaria dell’infezione da HPV. Entrambi sono rivolti ai due ceppi a maggior prevalenza, il 16 e il 18, ritenuti responsabili di circa il 70% dei tumori della cervice. Sono simili per la tecnologia ricombinante utilizzata e differiscono per il tipo di adiuvante. La protezione verso ceppi non inclusi nel vaccino non è al momento dimostrata e, se esiste, è senz’altro parziale. Dal 2008 in Italia, per prevenire l'infezione da HPV, è in vigore una campagna che raccomanda e offre gratuitamente la vaccinazione contro il virus alle ragazze tra gli 11 e i 12 anni di età , prima cioè che inizi la loro attività sessuale e che aumenti quindi la probabilità di contagio. Il vaccino non contiene virus vivi ma proteine virali capsidiche, capaci di determinare una risposta immunitaria da parte dell'ospite. Questi vaccini sono vaccini profilattici, vaccini cioè che hanno il compito di prevenire l'infezione a differenza dei vaccini terapeutici che hanno lo scopo di curare l'infezione.
La raccomandazione della WHO ( World Healt Organizzazion ): " There are many types of HPV, and many do not cause problems. HPV infections usually clear up without any intervention within a few months after acquisition, and about 90% clear within 2 years. A small proportion of infections with certain types of HPV can persist and progress to cancer.... Both vaccines work best if administered prior to exposure to HPV. Therefore, it is preferable to administer them before first sexual activity.The vaccines cannot treat HPV infection or HPV-associated disease such as cancer".
A completare lo scenario terapeutico si segnala che nel dicembre 2014 la FDA (Food and Drug Admnistration) ha approvato un vaccino nonavalente contro l'HPV. Questo nuovo vaccino copre contro gli stessi quattro ceppi di HPV del vaccino quadrivalente - 6, 11, 16 e 18 - più altri cinque ceppi - 31, 33, 45, 52 e 58 - anch’essi tutti potenzialmente oncogeni. Si segnala a tal proposito che di recente, l’International Agency for Research on Cancer ha aggiornato l’elenco dei tipi di HPV che possono causare il cancro, includendo i ceppi 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58 e 59. Tale vaccino ha inoltre ricevuto il parere positivo del CHMP (Committee for Medicinal Products for Human Use) dell’European Medicines Agency (EMEA) il 27 marzo 2015, ed è stato recentemente approvato dalla Commissione Europea il 10 giugno 2015.
Un recente trial clinico di grandi dimensioni effettuato su 2189 donne con infezione (HPV DNA positive all’ingresso e dopo 6 mesi di follow up) ha valutato la clearance virale a 6 e 12 mesi e non ha evidenziato una maggiore capacità di clearance nel gruppo dei vaccinati per cui il vaccino non ha alcun effetto terapeutico .Nelle donne che hanno già iniziato l’attività sessuale sembra al momento più efficace ed efficiente utilizzare le risorse per promuovere lo screening e le misure di prevenzione primaria basate su strategie non immunitarie. Si deduce che i migliori risultati della vaccinazione si avrebbero trattando solo le ragazze che non hanno avuto contatto con il papillomavirus.Distinguere le ragazze già immuni o con infezione da quelle suscettibili di infezione, per offrire la vaccinazione selettivamente solo a queste ultime, non è oggi realizzabile perché entrambe possono essere negative al test del DNA e perché gli attuali test sierologici non sono sufficientemente accurati per essere proposti come test screening di possibile esposizione e pregressa immunità. L’ipotesi che la vaccinazione potesse avere un effetto sull’immunità cellulo-mediata e quindi essere potenzialmente utile nel favorire la clearance del virus nelle donne con infezione persistente non è stata confermata dalle sperimentazione. Pertanto appare chiaro che il vaccino non è utilizzabile come terapeutico per chi ha già contratto la infezione da HPV.
Ancora non è nota con certezza la durata della protezione conferita dai vaccini. Bisogna a questo punto focalizzare l'attenzione su un punto importante: razionale è la vaccinazione nelle adolescenti che ancora non hanno contratto l'infezione, ma, non conoscendo bene la durata della copertura post vaccinazione (in genere si riporta una copertura di 4,5,anni) si rischierebbe, per assurdo, una maggiore esposizione al rischio contagio appena finita la copertura vaccinale. Per esempio se vacciniamo una adolescente all'età di 9 - 11 anni e se si considera una copertura di cinque anni, tale adolescente si troverebbe priva di copertura in un range di età che statisticamente è a maggiore rischio di esposizione al papillomavirus.
Anche
l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica che il catch-up delle giovani
donne rappresenta un’opzione poco efficiente.
In un programma complessivo di prevenzione del cancro della cervice a questa età
(e ancor più nelle età successive), la vaccinazione non ha premesse sufficienti
per ridurre in modo rilevante l’incidenza del tumore della cervice. Piuttosto, è
necessario investire risorse per aumentare l’adesione allo screening che ha
margini rilevanti di miglioramento. Ad oggi infatti si stima che in Italia circa
il 30% delle donne in età 25-65 anni non esegue il Pap test.
Questioni rilevanti sui vaccini HPV in attesa di risposte:
1. Durata della risposta immunitaria ed eventuale necessità di dosi di richiamo
2. Tollerabilità e sicurezza valutate su un più elevato numero di pazienti con
un tempo di follow up più lungo
3. Impatto sull’incidenza dei tumori della cervice e anogenitali
4. Efficacia contro altri tumori legati a HPV ( in altri distretti )
5. Aumento della prevalenza dei tipi di virus non contenuti nel vaccino dopo una
diffusa vaccinazione
6. Impatto sull’adesione allo screening per il tumore della cervice
7. Impatto sulle opinioni e sui comportamenti sessuali degli adolescenti
CONCLUSIONI
Il vaccino non è attivo contro le infezioni da HPV, le lesioni cervicali od i condilomi già presenti;
Almeno altri 11 genotipi di HPV, oltre i 4 contenuti nel vaccino, possono indurre danni cellulari fino alla trasformazione tumorale;
La somministrazione del vaccino potrebbe determinare pressione selettiva su altri tipi di HPV o mutazione nel tempo;
Non sappiamo ancora per quanto tempo duri l’immunità contro i 4 tipi di HPV vaccinali; per ora ci sono esperienze di controllo della attività vaccinale fino a 5 anni; da qui l’eventualità di somministrazione di richiamo;
Per massimizzare l’adesione alla vaccinazione può avere senso proporre una co-somministrazione con altri vaccini raccomandati in età adolescenziale;
La vaccinazione non è raccomandata nelle donne oltre i 26 anni di età, secondo le indicazioni della farmacopea ufficiale; con adeguata informazione non si può negare una sua possibile utilità in donne HPV - negative;
Come per altri tipi di vaccino, anche questa vaccinazioni non è raccomandata in gravidanza;
Le giovani e le donne IMMUNOSOPPRESSE / IMMUNODEPRESSE possono ricevere il vaccino, ma possono avere una risposta immunitaria minore e dunque minore efficacia protettiva;
L’HPV test prima del
vaccino non pare di nessuna utilità;
RISCHI DA EVITARE:
False attese sugli effetti del vaccino
Falsa sicurezza verso altre infezioni sessualmente trasmesse
Minore adesione allo screening mediante Pap-test
Fonti:
Circolare 24 aprile 2014 Ministero salute Italiana
AIFA ( Agenzia Italiana Del Farmaco )
AIRC ( Associazione Italiana Ricerca Cancro )
WHO ( World Health Organizzazion )
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